Das Neue Tage-Buch
Il 9 marzo 1933 usciva l’ultimo numero del Tage-Buch –
rivista fondata nel 1920 dal pubblicista e critico teatrale viennese
Stefan Großmann – e l’11 marzo le truppe delle SS occupavano la
redazione di Monaco: i nazisti ponevano fine per sempre alla produzione
del TB in Germania, mentre Leopold Schwarzschild, seconda colonna
portante della redazione del TB, fuggiva dapprima a Vienna e un mese
dopo alla volta di Parigi. E’ nella capitale francese che Schwarzschild
prosegue l’impresa pubblicistica legata al TB, dando alle stampe il 1
luglio 1933 Das Neue Tage-Buch.L’impresa
fu resa possibile grazie al generoso contributo di un facoltoso
avvocato, J. C. S. Warendorf, il quale con Schwarzschild fondò la
società editoriale “Verlag Nederlandsche Uitgeverij / Société
Néerlandaise d’Editions” con sede nella capitale francese e una
succursale ad Amsterdam. Sempre Warendorf finanziò interamente di tasca
propria l’affitto degli eleganti spazi nel quartiere diplomatico di rue
du Faubourg St. Honoré. Accanto a Schwarzschild come editore della
rivista, figurava adesso Joseph Bornstein nel ruolo di caporedattore.
Al
posto della inconfondibile copertina verde che aveva caratterizzato
negli Venti il TB, spiccava adesso, in formato più grande (26 x 20,5
cm), una copertina di colore bianco su cui facevano capolino a grossi
caratteri il titolo della rivista e il nome di Leopold Schwarzschild.
Il
lavoro redazionale del NTB portato avanti da un gruppo di giornalisti e
pubblicisti a conti fatti palesemente esiguo – con Schwarzschild e
Bornstein, vanno annoverati Rudi Aron e Stephan Lackner, quest’ultimo
come volontario – si distinse tuttavia per la sua vivacità, considerato
che quasi un terzo dell’intero fascicolo del NTB – in totale circa
24-30 pagine – era occupato da articoli non firmati e dunque usciti
dalla penna della redazione.
La struttura interna del NTB non
ricalcò quella del TB: apriva la rivista la rubrica, a cura dalla
redazione, “Die Woche” dedicata generalmente alla cronaca politica o
economica, della lunghezza di 9-10 pagine. Seguiva poi un articolo di
fondo solitamente a firma di Schwarzschild di 2-3 pagine su tematiche
economico-politiche e una serie di contributi di vario genere a firma
di pubblicisti o scrittori collaboratori della rivista. La seconda
rubrica ‘fissa’, dopo “Die Woche”, che si mantenne pressoché inalterata
nel corso degli anni fu “Miniaturen”, per certi versi una ripresa delle
“Glossen” presenti a chiusura del TB. Al suo interno – non più di 2-3
pagine – trovavano spazio piccoli articoli di cronaca giornalistica,
pubblicistica e culturale, oltre alle recensioni all’interno della
sottorubrica “Bücher-Einkauf” o “Neue Bücher”. A partire dal n. 4 del
1934 si registra anche la comparsa della rubrica “Literatur” dedicata a
recensioni e indicazioni bibliografiche, la quale tuttavia ebbe breve
vita: sparisce con il n. 35 dello stesso anno. Unico vero richiamo
all’impostazione interna del TB è la sezione dedicata alle lettere
indirizzate alla redazione: “Briefe an das NTB” che fece la sua
comparsa sul n. 1934 e che però non uscì regolarmente su ogni numero,
per scomparire gradualmente.
Non
è possibile certificare con certezza l’ammontare della tiratura del
NTB, tuttavia con H. A Walter consideriamo plausibile una tiratura di
circa 15.000-16.000 copie.
Se è vero che il NTB nacque in un
contesto di esilio, è anche vero che l’atteggiamento di Schwarzschild e
dunque della sua rivista nei confronti di questa realtà fu per certi
versi problematica.
«Un giorno mi fu sottoposto uno scritto da
firmare. Era una dichiarazione della SDS, che denunciava Leopold
Schwarzschild, editore del “Neues Tagebuch”, quale agente di Goebbels.
In una serie di articoli Schwarzschild aveva sottoposto i processi di
Mosca a una critica spietata e paragonato Stalin a Hitler», è così che
Hans Sahl ricorda, nelle sue memorie, la figura di Leopold
Schwarzschild all’opera con il suo NTB. E’ uno schizzo che in realtà
consente di intuire, almeno, la portata delle contraddizioni, più o
meno giustificate e giustificabili, cui l’impresa editoriale di
Schwarzschild andò incontro in conseguenza delle sue prese di posizione.
Leopold
Schwarzschild portò in realtà avanti la pubblicazione del NTB da una
posizione che lo distinse sensibilmente dalle altre tre importanti
riviste indipendenti dell’esilio, quali, ad esempio, la AIZ (Arbeiter-Illustrierte-Zeitung), la Neue Weltbühne e il Pariser Tageblatt. Il NTB mantenne,
e per certi versi accrebbe, infatti, quell’impostazione
liberal-conservatrice che aveva contraddistinto il suo diretto
predecessore già negli anni Venti. E adesso più che mai: in un contesto
nel quale la scrittura ‘impegnata’ di lingua tedesca, come anche
l’editoria, in esilio si muoveva tendenzialmente nell’alveo della
sinistra radicale, il NTB continuò a rispecchiare lo spirito
individualista, liberale e borghese del suo editore-ideatore. Tanto più
che quella linea che lentamente il TB weimariano andò prendendo dal
1927, anno dal quale Großmann per motivi di salute cominciò a tirare
lentamente i remi in barca, e cioè di una rivista attenta maggiormente
ai fatti politico-sociali che a quelli strettamente culturali, divenne
chiara e netta in esilio, laddove il NTBfu la rivista di Schwarzschild
e di nessun altro.
Schwarzschild, a differenza di altre testate di
peso, non pensò la sua rivista soltanto come un ideale ‘rifugio’
intellettuale per esiliati, ma piuttosto come uno strumento attraverso
il quale influire realmente sulla politica europea, da un punto di
osservazione certo particolare, quale quello dell’esilio appunto,
scavalcando gli interessi più strettamente legati al suo Paese di
origine: «Mantenere ciò che oggi nel mondo consiste nella libertà è più
urgente che liberare la Germania», si leggeva nel NTB n. 27 del 1939.
Klaus Mann, il quale collaborò con NTB, ricorda nel suo Der Wendepunkt «la
funzione vitale» di questa rivista in quegli anni: «Nessun’altra
rivista dell’emigrazione tedesca», scrive, «ebbe così forte eco
all’estero, nessuna cooperò più di essa a rischiarare il mondo circa il
vero carattere, la potenza del nazionalsocialismo».
Al contempo
questa impostazione politica e culturale pose il NTB in una posizione
di distanza e distacco, non senza diffidenze e malumori, dai maggiori
movimenti di intellettuali in esilio. Schwarzschild nutrì scarsa
fiducia nella ‘macchina’ dell’esilio, nel ruolo strategico che gli
scrittori impegnati e soprattutto schierati erano in grado di giocare
all’interno di un contesto di contrapposizione tra libertà e fascismi.
Si ricorderà soltanto, ad esempio, che il “Congresso internazionale di
scrittori per la difesa della cultura”, tenutosi nel 1935 a Parigi,
trovò sulle pagine del NTB soltanto un breve accenno, a seguito del
«timbro comunista dell’Arrangement», così come si leggeva in un
articolo apparso nel n. 26 del 1935, a fronte invece dell’attenzione
dedicata dagli altri organi di stampa.
Leopold Schwarzschild non
tradì mai la sua estrazione squisitamente borghese; quella stessa
estrazione che lo aveva già distinto durante gli anni della Repubblica
di Weimar come strenuo difensore dell’idea di democrazia e di
repubblica, in direzione di un certo conservatorismo. Il NTB incarnò
perfettamente questa linea politica, rappresentando un caso a sé nel
contesto della pubblicistica coeva. A tale proposito ricorderemo anche
che Schwarzschild fu il fondatore del “Bund Freie Presse und
Literatur-Verband unabhängiger deutscher Schriftsteller und
Journalisten im Exil”, pensato come controparte del sinistroide
“Schutzverband deutscher Schriftsteller”.
L’atteggiamento nei
confronti della nazionalsocialismo è ugualmente utile a ricostruire la
fisionomia di questa rivista, all’ombra del suo redattore. Se il resto
della pubblicistica tedesca di sinistra più influente in esilio
attribuiva una consistente parte di responsabilità alla schiera di
industriali tedeschi sui quali Hitler si era appoggiato
finanziariamente, individuando dunque cause politco-economiche
oggetive, Schwarzschild tese piuttosto –tenendo però sempre ben
presente questa analisi – a mettere in rilievo aspetti meno
‘spiegabili’ da un punto di vista razionale, e quindi più
spaventosamente oscuri e patologici, insiti nella macchina
nazionalsocialista, operando nel frattempo lucide distinzioni tra i
fascismi e il nazionalsocialismo di matrice tedesca.
Accanto a ciò
va sottolineato il fatto che Leopold Schwarzschild fu profondamente
convinto della necessità di una risposta ‘di forza’ e ‘con la forza’
congiunta tra le potenze europee occidentali e l’Unione sovietica
contro la Germania di Hitler. Se l’Europa democratica e liberale si
fosse presentata forte e riarmata dinanzi a Hitler, sarebbe stata in
grado di stroncare ogni sua pretesa, intimorendolo: «Siate forti! Siate
ancora più forti! Siate così travolgentemente forti, che nessuno possa
solo pensare di attaccarvi! […] Solo la vostra forza può risparmiare a
voi, a noi, al mondo intero il peggio», si legge in un’altro suo
articolo apparso sul NTB nel 1934.
L’atteggiamento nei confronti
dell’Unione Sovietica mutò tuttavia ben presto, a partire dal 1936,
quando i suoi attacchi al il bolscevismo equiparato al fascismo e, con
toni marcati, all’ideologia comunista si fecero più pressanti: autori
apertamente simpatizzanti del bolscevismo, come ad esempio, Lion
Feuchtwanger e Louis Fischer, non trovarono più spazio tra gli spalti
del NTB. E dal 1937 in poi non è più possibile riscontrare neanche una
recensione su opere di orientamento comunista, sia pure soltanto
simpatizzante. Fece eccezione soltanto Moskau 1937 di Lion Feuchtwanger (ma non, ad esempio, Exil), mentre bandite dalle rubriche dedicate alle recensioni sul NTB furono opere come Die Rettung di Anna Seghers, Vollendungs des Königs Henri Quatre di
Heinrich Mann e l’opera di Berltolt Brecht. Né tantomeno si registrano
contributi rilevanti, sia per contenuto che per quantità, dedicati ad
esempio alla spinosa “Expressionismus-Realismus-Debatte”.
Alla
luce di quanto detto risulta dunque facile comprendere le motivazioni
che stanno dietro all’assenza di molte opere dell’esilio tedesco, al
contrario, della Neue Weltbühne e
il motivo per cui era al contrario possibile leggere con una certa
frequenza recensioni – a cura, fra gli altri, di intellettuali
come Klaus Mann, Ernst Toller, Hans Sahl, Leo Lania, Balder Olden – su
novità provenienti dal mondo francese o anglosassone.
Ad
ogni buon conto tra gli autori di molti articoli culturali vanno
registrati nomi quali Thomas – che proprio sul NTB pubblicò i saggi Bruder Hitler e Zwang zur Politik –
Heinrich e Klaus Mann, Alfred Döblin, Lion Feuchtwanger, Walter
Mehring, Alfred Polgar, Arnold Zweig – del quale apparve un’estratto
dal suo Bilanz der deutschen Judenheit – Ernst Toller, Bruno Frank, Balder Olden, Egon Erwin Kisch, Joseph Roth.
Ta
le poche riviste libere che continuarono ad essere regolarmente
pubblicate in esilio, nello specifico a Parigi, il NTB resistette fino
all’ingresso delle truppe tedesche nel maggio 1940. L’11 maggio di
quell’anno usciva l’ultimo numero, e tre giorni dopo il suo ideatore
venne internato nello Stadio “Buffalo” di Parigi.
Solo
qualche mese dopo aver prestato il servizio obbligatorio presso il 143°
reggimento francese, Schwarzschild riuscì a fuggire dapprima a
Marsiglia spostandosi poi a Lisbona e di lì in America. Il 12 settembre
1940 sbarcava a New York dalla nave “S.S. Nea Hellas”.
In America
Schwarzschild capì che sarebbe stato impossibile continuare
un’eventuale pubblicazione del NTB: si trattava di una rivista troppo
“europea”, che a New York nessuno avrebbe letto e forse capito.
Terminava in questo modo la travagliata storia di questa rivista
tedesca dell’esilio.