Maja Haderlap
Nasce nel 1961 in Carinzia, nella provincia austriaca al confine con la Slovenia, nella cittadina di Bad Eisenkappel/Železna Kapla. La sua famiglia è di origine slovena, durante la sua infanzia parla solo sloveno e impara la lingua tedesca a scuola. Si iscrive all'università di Vienna, in cui studia Theaterwissenschaft e Germanistik. Dopo l'università lavora dapprima come assistente drammaturga a Trieste e a Lubiana, poi anche come docente presso l'Institut für Kultur-, Literatur- und Musikwissenschaft der Alpen-Adria Universität Klagenfurt, città in cui Haderlap attualmente vive. Sempre a Klagenfurt ha l'opportunità di lavorare con il regista teatrale Dietmar Pflegerl e di collaborare allo Stadttheater (in cui Pflegerl è anche intendente) come drammaturga. Ne nascono altre collaborazioni artistiche anche con Peter Turrini e Gert Jonke. Più tardi Haderlap decide di dedicarsi alla scrittura: è redattrice presso la rivista sloveno-tedesca «Mladje», scrive poi poesie in sloveno ed è attiva come traduttrice. Le sue opere sono state tradotte in molte lingue, e pubblicate in riviste e giornali. La sua prima raccolta di poesie Žalik pesmi, pubblicata nel 1983 e scritta in sloveno, ha suscitato molta attenzione presso il pubblico della regione della Carinzia, in cui ovviamente per motivi storici e culturali la vicinanza con la letteratura e la lingua slovena è molto sentita (e spesso molto discussa).
Numerosi sono anche i riconoscimenti che Haderlap ha ricevuto nel corso della sua carriera artistica. Fra gli altri spicca sicuramente il prestigioso Ingeborg-Bachmann-Preis, ricevuto nel 2011 e in cui la giuria - costituita da Sigrid Löffler, Angelika Overath e Arno Rußegger - loda la particolare "intimità della rappresentazione umana" nell'opera alla cui stesura Haderlap si dedica per tre anni e mezzo: si tratta del suo primo romanzo, Engel des Vergessens, grazie al quale vince anche il Rauriser Literaturpreis.
La storia non è solo quella di una bambina slovena e della sua famiglia che vive in Carinzia, ma anche quella di un popolo intero, quello sloveno appunto, che, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, continua a vivere ossessionato dal proprio inquietante e pesante passato. E il passato è come un fardello che anche la protagonista, nonostante la sua giovane età, è costretta a portarsi addosso. Il suo occhio registra i tratti scuri dei racconti che la nonna, che era internata nel campo di concentramento di Ravensbrück, continua a riproporre alla nipotina, registra gli incontri con i vicini di casa, i sopravvissuti, quelli che ancora non si sono uccisi o non sono morti in guerra, e i funerali che duravano giorni, e le liti di famiglia, e il rapporto di amore cieco nei confronti di un padre stanco di vivere e assillato dall'idea del suicidio. E ancora il paesaggio della Carinzia, con le sue alture e i suoi boschi che ricordano continuamente alla protagonista le fughe dei partigiani (anche suo nonno lo era stato), le braci di fuochi spenti per non attirare l'attenzione del nemico, la mancanza di cibo, le battaglie e le uccisioni di massa da parte dei nazisti. Il senso di morte domina l'intero paesaggio, e penetra nella vecchia casa dell'infanzia, nel letto in cui la piccola dorme con la nonna, nei pasti e persino nei giochi con i fratelli. Crescere, andare via e studiare nella capitale austriaca, appropriarsi pian piano di una lingua non amata in famiglia diventa così per la protagonista un'affermazione della volontà di vivere e di dimenticare, soprattutto di dimenticare un passato che non le appartiene ma che comunque la tiene legata alle sue radici. Ma la guerra, l'altra, quella scoppiata nell'Ex-Jugoslavia, fa ritornare in famiglia e nel popolo sloveno l'antica paura della morte. Guerra e paura non cadono nell'oblio, guerra e paura si trascinano fino alla tomba, e contagiano come una malattia le nuove generazioni.
Ma la paura è anche un monito per la protagonista prima, e per l'autrice poi, a non dimenticare ciò che è successo al proprio popolo. Uno dei primi testi in cui le vicende del popolo sloveno al confine con l'Austria diventano storia, narrazione e poesia, Engel des Vergessens si conferma senza dubbio come testo importante nel panorama della letteratura contemporanea austriaca e internazionale.
Opere (scelta)
• Žalik pesmi, poesie, 1983
• Bajalice, poesie, 1987
• Gedichte - Pesmi - Poems, poesie, 1989
• Engel des Vergessens, romanzo, 2011
Sitografia (scelta)
http://www.haderlap.at/maja.html
http://www.kleinezeitung.at/allgemein/portrait/2794804/maja-haderlap-portraet.story
http://www.kleinezeitung.at/allgemein/video/multimedia.do?action=showEntry_VideoDetail&project=462&id=160191
http://www.zeit.de/2011/30/L-Haderlap
http://www.perlentaucher.de/buch/36605.html
http://www.wallstein-verlag.de/9783835309531.html
http://de.wikipedia.org/wiki/Maja_Haderlap#Leben
http://bachmannpreis.eu/de/texte/3336
http://volltext.net/magazin/magazindetail/article/5312/
http://www.zeit.de/kultur/literatur/2011-07/haderlap-bachmann-preis
http://www.literaturhaus.at/index.php?id=5117
http://kurier.at/kultur/4483998-rauriser-literaturpreis-an-maja-haderlap.php
(Foto: © APA)
Scheda a cura di Raffaella Mare